Prodotto
con lo studio

L’intelligenza artificiale è entrata nel mio percorso di studi come tema di ricerca teorica, ma è attraverso l’esperienza in studio che ho potuto misurare, per la prima volta, la distanza tra possibilità e realtà. Questa pagina racconta un periodo di lavoro nello studio di architettura C+C04 di Cagliari, durante il quale ho cercato di integrare strumenti di IA all’interno di un progetto reale: un concorso per la progettazione di una nuova scuola primaria in provincia di Milano.
Il mio obiettivo era duplice: mettere alla prova la conoscenza acquisita sull'IA in un contesto professionale e capire se questi strumenti potessero concretamente contribuire alle varie fasi del progetto. È nato quindi un processo articolato, fatto di tentativi, intuizioni, esperimenti visivi e riflessioni condivise. Attraverso l’uso di ChatGPT, strumenti generativi come Rendair e Kreai, e il confronto costante con il team di progettazione, ho cercato di dare forma a una collaborazione ibrida tra umano e artificiale, dentro un ritmo di lavoro reale.
Non tutti gli obiettivi sono stati raggiunti, e proprio per questo l'esperienza si è rivelata significativa: non come dimostrazione di efficacia, ma come occasione per osservare limiti, potenzialità e domande aperte. In questa pagina si ripercorrono quei giorni di lavoro, tra entusiasmo e criticità, nel tentativo di comprendere meglio cosa può significare progettare oggi, con l'IA al proprio fianco.
L’esperienza in studio è stata la mia prima occasione per mettere alla prova, in un contesto professionale reale, le competenze e le riflessioni maturate sull’intelligenza artificiale durante il mio percorso universitario.
Più che un test tecnico, si è trattato di un vero esperimento progettuale e culturale, condotto insieme ad un team di progettisti curiosi, ma anche giustamente scettici. L’obiettivo era semplice ma ambizioso: capire fino a che punto l'IA potesse integrarsi in un processo architettonico concreto.
Per affrontare questa sfida, ho strutturato il mio lavoro in due fasi operative.
La prima fase è stata di tipo esplorativo e informativo. Attraverso l’utilizzo sistematico di strumenti come ChatGPT, ho cercato di costruire una base conoscitiva solida sul bando del concorso per la scuola di Milano: contesto territoriale, esigenze didattiche, riferimenti normativi, ispirazioni progettuali. Una sorta di “educazione” dell’IA che ha avuto l’obiettivo di renderla un assistente critico e documentale, utile per generare domande, ipotesi e suggestioni.
La seconda fase, invece, è stata operativa e sperimentale: ho introdotto strumenti come Rendair, Kreai e altri generatori visivi per produrre una prima serie di immagini, rendering e scenari architettonici coerenti con il concept di progetto che stavamo sviluppando. L’IA è stata quindi chiamata a visualizzare un'idea in divenire, traducendo intuizioni in immagini.
Il concorso in questione prevedeva come obiettivo una nuova scuola primaria in provincia di Milano, promosso dalla provincia di Monza Brianza. Si trattava di un progetto ambizioso, focalizzato su temi di sostenibilità, modularità e apertura al territorio. Lo studio ha scelto di coinvolgermi per mettere alla prova l'utilizzo dell'IA come parte integrante del processo, valutandone reali benefici e limiti in un contesto concreto e competitivo.
Il progetto per la nuova scuola primaria a Biassono nasce da una visione aperta e inclusiva dello spazio educativo, in cui la scuola non è solo un edificio, ma un elemento urbano poroso, attraversabile e connesso al contesto cittadino.
Il cuore del progetto ruota attorno al concetto di attraversamento: un asse pedonale e ciclabile che collega la città, il nuovo Parco delle Generazioni e il sistema scolastico-civico. Questo tracciato diventa spina dorsale funzionale e simbolica, sulla quale si affacciano la scuola, il centro civico e la palestra, articolati in modo da garantire autonomia ma anche apertura alla collettività.
L’organizzazione degli spazi interni è altrettanto fluida: l’agorà, al centro del progetto, collega uffici, mensa, classi e laboratori al giardino e agli spazi didattici all’aperto, creando una forte integrazione tra ambiente naturale e attività scolastica. La scuola è pensata su due livelli, con ambienti didattici flessibili, spazi informali e terrazze tematiche. Il progetto adotta inoltre soluzioni tecnologiche innovative, puntando alla certificazione NZEB e LEED: facciate ventilate, pannelli fotovoltaici, sistemi HVAC a recupero energetico, giardino pensile e materiali sostenibili, nel pieno rispetto dei Criteri Ambientali Minimi (CAM).
In questo contesto si è inserita la mia sperimentazione: a partire dai modelli preliminari e dalle idee di layout dello studio, ho avviato una serie di test visivi con strumenti di intelligenza artificiale generativa. Con Kreai, partendo da forme, schizzi e modelli volumetrici, ho provato a generare una serie di immagini e ambientazioni che cercavano di restituire la qualità atmosferica e materiale del progetto. Con Rendair, invece, ho esplorato variazioni stilistiche e scenari alternativi, utilizzando l’IA per proporre rappresentazioni evocative legate a diversi momenti della giornata o condizioni climatiche.
Gli esiti di questi esperimenti non avevano lo scopo di produrre render “ufficiali”, ma piuttosto di alimentare il dialogo interno allo studio e di interrogarsi sul ruolo delle immagini generate artificialmente come strumento di supporto progettuale. È emersa una riflessione importante: l’IA può aprire visioni, ma deve ancora confrontarsi con i vincoli e le responsabilità del progetto reale.
Nel corso dell’esperienza è emerso con chiarezza che, nonostante l’entusiasmo e la curiosità iniziale, l’intelligenza artificiale non è ancora in grado di intervenire in modo strutturato nelle fasi di ideazione e progettazione architettonica. I modelli testati si sono rivelati utili nella raccolta di informazioni o nell’organizzazione di riferimenti, ma ancora troppo fragili quando si tratta di generare volumi, geometrie, relazioni spaziali realmente coerenti con un contesto e un bando.
Per questo motivo, il focus dell’attività si è progressivamente spostato verso l’esplorazione di strumenti generativi in grado di produrre immagini, in particolare a partire da viste architettoniche già impostate. L’obiettivo è diventato quello di tradurre l’idea progettuale in suggestioni visive che potessero rafforzare la comunicazione, stimolare nuovi punti di vista e, in alcuni casi, persino suggerire dettagli formali inaspettati.
Tra gli strumenti utilizzati, Kreai ha permesso di intervenire su viste e planimetrie preesistenti per generare ambientazioni e variazioni estetiche, con un buon livello di controllo su materiali, condizioni atmosferiche e qualità della luce. Rendair, invece, ha offerto risultati più orientati alla rappresentazione architettonica vera e propria, simulando veri e propri rendering partendo da schizzi o viste prospettiche. In entrambi i casi, si è partiti sempre da un’elaborazione grafica prodotta con software come Rhino, Autocad o Revit: in altre parole, l'IA non ha generato l'architettura, ma ha reinterpretato delle viste già definite.
Il risultato è un insieme di immagini che, pur con i limiti ancora evidenti (deformazioni prospettiche, incoerenze nei materiali, errori nel disegno tecnico), dimostrano come l’IA possa oggi offrire un supporto visuale interessante, soprattutto nelle prime fasi di rappresentazione e comunicazione di un progetto. Non si tratta di strumenti sostitutivi, ma di amplificatori di visioni: capaci di proporre alternative, ipotesi, scenari, anche inaspettati, che altrimenti richiederebbero molto più tempo e risorse.
L’esperienza all’interno dello studio ha rappresentato un’occasione concreta per verificare se e come l’intelligenza artificiale potesse trovare spazio all’interno di un processo progettuale reale.
Il bilancio è chiaro: l'IA, oggi, non è ancora pronta per intervenire in modo attivo e strutturato nelle fasi progettuali complesse di uno studio di architettura. Le motivazioni sono due: da una parte, gli strumenti attuali non riescono ancora a garantire l’affidabilità e il dettaglio richiesti in ambito professionale; dall’altra, lo scenario è ancora nuovo e poco definito, e richiede una fase di assestamento.
Lo studio che mi ha accolto si è mostrato aperto e curioso, nonostante perplessità iniziali e un naturale scetticismo. La volontà di sperimentare c’è stata, e questo rappresenta un valore importante: l’integrazione dell’IA è ancora un terreno poco battuto, ma il fatto stesso di averla messa alla prova dimostra una disponibilità reale al confronto.
Dal punto di vista tecnico, l’IA ha mostrato limiti evidenti nella produzione di elaborati architettonici, soprattutto se paragonati alla precisione necessaria nei processi progettuali. Tuttavia, ha saputo offrire spunti visivi e stimoli concettuali interessanti, utili per avviare riflessioni e alternative progettuali. La fase più efficace si è rivelata quella iniziale: l’“educazione” dell’IA, con l’inserimento di dati, documenti e vincoli progettuali, ha portato a risposte mirate e coerenti, dimostrando il potenziale della tecnologia come strumento di supporto operativo, soprattutto nella raccolta e rielaborazione di informazioni.
Ciò che ho imparato da questa esperienza è che l'IA non sostituisce il processo progettuale, ma può arricchirlo se integrata con metodo, spirito critico e consapevolezza.
Come già accaduto in passato con l’introduzione dei software CAD, anche oggi l’architettura si trova davanti a un cambiamento culturale e operativo che spaventa, ma che può portare nuovi strumenti e nuove visioni all’interno della professione.
Un ultimo aspetto rilevante riguarda la sostenibilità economica dell’esperienza: la sperimentazione portata avanti non ha richiesto particolari risorse, e questo dimostra come, già oggi, l’IA possa essere testata e integrata nei flussi di lavoro con un impegno accessibile anche per piccoli studi o singoli professionisti.